ESPERIENZE EXTRACORPOREE COSCIENTI
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ESPERIENZE EXTRACORPOREE COSCIENTI
ESPERIENZE EXTRACORPOREE COSCIENTI
La terza categoria di ASC sono le esperienze extracorporea cosciente (CUBE). Per comprendere questo concetto, dobbiamo occuparci del morire cosciente. Sia il Libro Tibetano dei Morti che le antiche Scuole misteriche riconoscevano il principio secondo il quale, se l'anima riesce a stabilire e mantenere un legame con il Sé Superiore nel preciso momento della morte fisica, viene eliminata la necessità della reincarnazione. L'illuminazione spirituale che deriva da questo meccanismo riesce a rendere immediatamente perfetta la nostra anima e fa diventare inutile il processo di
reincarnazione in un altro corpo. Il Libro Tibetano dei Morti rappresenta la saggezza complessiva dei sapienti che ritenevano il morire un'arte e reputavano che il modo di vivere potesse servire ad imitare, ed in tal modo raggiungere, l'illuminazione (W.Y. Evans-Wentz, Tibetan Book of the Dead New York: Causeway Books,1973). Nello stesso tempo questo metodo reca beneficio ai parenti degli scomparsi abbreviando il periodo di lutto. È interessante notare le somiglianze tra le prime fasi della morte descritte dai tibetani nell'ottavo secolo, e la profonda NDE così come viene prospettata dai moderni tanatologi. Nelle descrizioni del primo stadio del bardo (vita sospesa), i tibetani parlavano dell'anima sospesa nel vuoto, che ascolta suoni sibilanti e un rombo come di tempesta, circondata da una grigia luce nebbiosa. Ho già attribuito al Piano Astrale il mugghiare del mare. Altri argomenti di questo testo riguardano quanto segue. I morenti si rendono conto di aver lasciato il corpo fisico, ma all'inizio rifiutano di crederlo. Essi non avvertono nessuna differenza fino a che non cercano di comunicare con i propri cari. Amici e parenti,in quel momento, non sono in grado di percepire la loro presenza. L'anima si accorge che il suo aspetto è splendente e che è capace di attraversare oggetti solidi. I pensieri ne guidano il cammino. Il solo pensare ad un luogo è sufficiente per inviarla immediatamente là. L'anima da poco trapassata si libera degli affetti terreni mentre si dirige verso una luce. Vi sono prove che le anime incontrano esseri spirituali che le giudicano. L'anima viene rappresentata come una sorta di specchio che ne riflette il comportamento in vita.
Una conclusione positiva di questa esperienza della condizione del bardo illumina l'anima e le permette di ascendere ai piani superiori, oppure la rimanda al ciclo della nascita e della morte con una maggiore consapevolezza della natura illusoria del piano fisico.
I testi sacri di Zoroastro (550-530 a.C.) affermano che occorrono tre giorni affinché "lo spirito di un individuo morto trovi il suo posto in paradiso".
Gli Ebrei condividono tale credenza. Il loro profeta Osea proclamò:
"Vieni, torniamo a Geova; poiché Egli ci ha straziato ed egli ci guarirà... Dopo due giorni ci ridarà la vita: il terzo giorno ci farà rialzare, e dimoreremo al Suo cospetto".
I testi sulla meditazione e sull'autoipnosi che seguono sono la versione moderna di queste concezioni. Potrete trovare tecniche di morte cosciente ed esempi speculativi in diverse altre fonti nel corso della storia della civiltà, quali:
il Libro Egiziano dei Morti;
il sesto libro dell'Eneide di Virgilio;
il De Coelo et De Inferno di Swedenbourg;
le Messe cristiane come quella di Requiem;
la Divina Commedia di Dante;
I Sette Sermoni sui Morti di Basilide;
la Discesa nell'Ade;
il Manuale Orfico della Scuola Misterica Greca.
La terza categoria di ASC sono le esperienze extracorporea cosciente (CUBE). Per comprendere questo concetto, dobbiamo occuparci del morire cosciente. Sia il Libro Tibetano dei Morti che le antiche Scuole misteriche riconoscevano il principio secondo il quale, se l'anima riesce a stabilire e mantenere un legame con il Sé Superiore nel preciso momento della morte fisica, viene eliminata la necessità della reincarnazione. L'illuminazione spirituale che deriva da questo meccanismo riesce a rendere immediatamente perfetta la nostra anima e fa diventare inutile il processo di
reincarnazione in un altro corpo. Il Libro Tibetano dei Morti rappresenta la saggezza complessiva dei sapienti che ritenevano il morire un'arte e reputavano che il modo di vivere potesse servire ad imitare, ed in tal modo raggiungere, l'illuminazione (W.Y. Evans-Wentz, Tibetan Book of the Dead New York: Causeway Books,1973). Nello stesso tempo questo metodo reca beneficio ai parenti degli scomparsi abbreviando il periodo di lutto. È interessante notare le somiglianze tra le prime fasi della morte descritte dai tibetani nell'ottavo secolo, e la profonda NDE così come viene prospettata dai moderni tanatologi. Nelle descrizioni del primo stadio del bardo (vita sospesa), i tibetani parlavano dell'anima sospesa nel vuoto, che ascolta suoni sibilanti e un rombo come di tempesta, circondata da una grigia luce nebbiosa. Ho già attribuito al Piano Astrale il mugghiare del mare. Altri argomenti di questo testo riguardano quanto segue. I morenti si rendono conto di aver lasciato il corpo fisico, ma all'inizio rifiutano di crederlo. Essi non avvertono nessuna differenza fino a che non cercano di comunicare con i propri cari. Amici e parenti,in quel momento, non sono in grado di percepire la loro presenza. L'anima si accorge che il suo aspetto è splendente e che è capace di attraversare oggetti solidi. I pensieri ne guidano il cammino. Il solo pensare ad un luogo è sufficiente per inviarla immediatamente là. L'anima da poco trapassata si libera degli affetti terreni mentre si dirige verso una luce. Vi sono prove che le anime incontrano esseri spirituali che le giudicano. L'anima viene rappresentata come una sorta di specchio che ne riflette il comportamento in vita.
Una conclusione positiva di questa esperienza della condizione del bardo illumina l'anima e le permette di ascendere ai piani superiori, oppure la rimanda al ciclo della nascita e della morte con una maggiore consapevolezza della natura illusoria del piano fisico.
I testi sacri di Zoroastro (550-530 a.C.) affermano che occorrono tre giorni affinché "lo spirito di un individuo morto trovi il suo posto in paradiso".
Gli Ebrei condividono tale credenza. Il loro profeta Osea proclamò:
"Vieni, torniamo a Geova; poiché Egli ci ha straziato ed egli ci guarirà... Dopo due giorni ci ridarà la vita: il terzo giorno ci farà rialzare, e dimoreremo al Suo cospetto".
I testi sulla meditazione e sull'autoipnosi che seguono sono la versione moderna di queste concezioni. Potrete trovare tecniche di morte cosciente ed esempi speculativi in diverse altre fonti nel corso della storia della civiltà, quali:
il Libro Egiziano dei Morti;
il sesto libro dell'Eneide di Virgilio;
il De Coelo et De Inferno di Swedenbourg;
le Messe cristiane come quella di Requiem;
la Divina Commedia di Dante;
I Sette Sermoni sui Morti di Basilide;
la Discesa nell'Ade;
il Manuale Orfico della Scuola Misterica Greca.
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